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il mio regalo
Attualità Blog 2018/2020 Storie

LA MAGLIA DI MARADONA

Quando ero piccolo, sul finire degli anni 80, mio padre fece 13 al totocalcio e la mia famiglia vinse una piccola somma da dedicare al pagamento del mutuo. La nostra era una famiglia che considererei “normale” per l’epoca: papà operaio dell’Ilva, mia madre casalinga, io e mia sorella 2 figli sotto i 12 anni. Per quell’occasione, in via eccezionale, ci fu consentito un regalo durante l’anno, senza attendere la ricorrenza del compleanno o del Natale. Io feci una scelta senza dubbi: la maglia del Napoli di Maradona. Il calcio era il mio sport preferito, così come Maradona per me era il giocatore più forte di tutti, nonostante in quegli anni, a differenza di oggi, campioni ce ne fossero in Italia: Van Basten Gullit, Matthaus, Baggio, Vialli, Mancini, Platini, solo per citarne alcuni. I miei coetanei tifavano per lo più le 3 grandi squadre del nord, per intuito o per imposizione o suggerimento familiare o perché erano le squadre che comunque qualche cosa l’avrebbero vinta prima o poi. Io, invece, scelsi il Napoli e Maradona. Diego Armando Maradona aveva quel quid in più. La cosa che mi sbalordì  maggiormente fù il fatto che giocasse in una squadra del Sud Italia e non nelle blasonate Juve, Inter e Milan. Per me bambino, che vivevo in periferia, di una città a sua volta periferia della provincia di Bari, a sua volta periferia del Sud Italia era inconcepibile tifare squadre di città così lontane, la più vicina era Napoli. In Maradona inconsciamente riconoscevo non solo il più forte giocatore di calcio, ma anche un senso di riscatto del mio territorio: all’epoca il Mezzogiorno finiva nei telegiornali solo per le cronache di mafia ed era, su più fronti, considerato una sorta di zavorra nazionale. Il numero 10 argentino, che  proveniva da uno strato sociale poverissimo,  era riuscito a riscattarsi, ed era capace di incantare e stupire, proprio come il Sud e proprio come avrei voluto fare anche io. Grazie a Lui, Napoli, la grande Capitale delle 2 Sicilie, la terza capitale europea, riemergeva in TV per notizie non negative. Per me era il massimo.

Crescendo, poi, ho capito molte altre cose: oltre a quanto scritto, Maradona rappresentava molto di più di quanto avessi percepito: egli rappresentava anche il riscatto del suo popolo contro gli Inglesi nella guerra delle Falkand e di tutto un tessuto sociale, il più povero. Nella partita Argentina – Inghilterra c’è tutta la sua quintessenza: il goal più bello del secolo, l’astuzia del goal di mano, talento, furbizia, magia, ma anche la rivincita dei più poveri nei confronti delle grandi potenze.

Dopo i mondiali del 1990, Diego Armando Maradona subì un bombardamento mediatico in negativo che da lì ad un anno circa di distanza, lo avrebbe portato ad abbandonare, da calciatore, per sempre l’Italia. La partita Italia-Argentina, vinta dai Sudamericani ai calci di rigore, rappresenta una sorta di sliding doors della sua vita e non solo. Il Calcio ha questa magia di fondere nello sport anche politica, economia, e società.  L’Italia figlia di Craxi, la 5° potenza mondiale, aveva organizzato i mondiali di calcio del ’90 per vincerli. Tutto era ben confezionato, ma si presentò quello che politica, tangenti, economia, esercito, non avrebbero potuto fermare in 90 minuti: Diego Armando Maradona. Quella partita, per me, vista a distanza di tempo, segna figurativamente sia la fine dell’Italia sognante e del benessere degli anni 80, ma anche l’inizio della fine della carriera da calciatore di Maradona. L’Italia non perderà solo il mondiale, ma perderà dopo qualche mese, tutte le sue certezze politiche-economiche con l’avvento di tangentopoli. Per Maradona, invece, venne meno l’apprezzamento di tutti gli Italiani (Napoli a parte), nei quali prevalse il risentimento per il mondiale perso, ma soprattutto saltarono quelle coperture che avevano ovattato il mondo intorno a lui: emersero quindi scandali fiscali e droga. Sulla droga sfatiamo un mito: non la conobbe a Napoli, bensì a Barcellona. Arrivò in Italia forse già da dipendente, ma la sua tossicodipendenza fù portata alla ribalta appunto dopo l’estate del 1990. Accolto da oltre 60.000 tifosi in Italia al suo arrivo, se ne andrà in solitudine al suo addio. Finiva così l’era di un campione del calcio (forse rappresentava molto di più) che avevo sempre ammirato.

Maradona in seguito a quelle vicende saprà rialzarsi e ricadere più volte, come capita ad ogni uomo nella sua vita. In tutto questo c’è l’essenza di questo personaggio: un uomo, un quasi Dio, un talento, un demone,  spettacolo negli stadi e umiltà sul campo di Acerra ed a Villa Fiorito. Orgoglioso di aver scelto e conservato la tua maglia, non una banale – Buon Viaggio Campione!

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